LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'istanza, depositata in data 26 luglio 1998, con la quale Bernardini Domenico e Profili Maria Luisa chiedevano, ai sensi dell'art. 373 del c.p.c. la sospensione dell'esecuzione della sentenza 5 marzo 1998 con cui la Commissione tributaria regionale di Perugia aveva sostanzialmente confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Perugia del 16 gennaio 1997. Gli istanti, avendo ritualmente e tempestivamente proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza, ritengono applicabile ex art. 62, decreto legislativo n. 546/1992, il disposto dell'art. 373 del c.p.c. poiche' dall'esecuzione della sentenza puo' derivare un danno grave ed irreparabile chiedono al giudice tributario che ha pronunciato la sentenza di disporre che l'esecuzione sia sospesa sino alla pronuncia della adita suprema Corte di cassazione. All'udienza del 10 settembre 1998 il difensore dei contribuenti rag. Cesare Palma, assente il rappresentante dell'Ufficio imposte dirette di Spoleto, ribadisce la piena applicabitita' al processo tributario del rimedio cautelare endoprocessuale di cui all'art. 373 del c.p.c., prospettando altresi la eventuale illegittimita' costituzionale degli artt. 47 e 49 d.lgs. n. 546/1992 in quanto limiterebbero la sospensione dell'atto impositivo al giudizio di primo grado e non consentirebbero di sospendere, negli ulteriori gradi del giudizio l'efficacia immediata della sentenza impugnata. La commissione osserva quanto segue: prima di valutare il merito della richiesta occorre stabilire in via preliminare se l'art. 373 c.p.c. possa ritenersi applicabile alle sentenze delle commissioni tributarie regionali, ai sensi del richiamo generalizzato di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 che, in assenza di una disciplina diversa, rende operanti nel processo tributario le disposizioni del c.p.c., cio' che per le impugnazioni risulta specificamente ribadito dall'art. 49. Orbene, secondo questa commissione si dovrebbe pervenire, come recentemente stabilito anche dalla Commissione tributaria regionale di Firenze del 19 marzo 1998, ad una conclusione negativa e quindi dichiarare inammissibile l'istanza di sospensione ostandovi due motivi, uno di ordine formale e l'altro di ordine sistematico in quanto a) ai sensi dell'art. 49, d.lgs. n. 546/1992, e' espressamente esclusa l'applicabilita' al processo tributario dell'art. 337 c.p.c. e quindi anche delle norme da quest'ultimo richiamate, tra cui in particolare l'art. 373 c.p.c.; b) ove il legislatore volle, espressamente previde la speciale sospensione per l'atto impugnato di cui all'art. 47 citato d.lgs. laddove nulla e' disposto circa il giudizio di appello, dovendosi da tale esclusione desumere una precisa scelta legislativa volta ad escludere la possibilita' dell'inibitoria in appello. Pur tuttavia la commissione si e' posto il problema di verificare se la disciplina concernente gli effetti delle sentenze delle commissioni tributarie possa dar luogo a situazioni analoghe a quelle che giustificano i provvedimenti sospensivi previsti nel processo civile e poiche' a tale problema deve necessariamente rispondersi in senso positivo, d'ufficio, va sollevata la questione di legittimita' costituzionale per violazione dell'art. 24 della Costituzione in quanto l'esclusione di ogni possibilita' di tutela cautelare nei confronti della immediata e completa efficacia esecutiva della sentenza di secondo grado in pendenza del giudizio di legittimita', arrecherebbe una lesione al diritto di difesa, definito inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, ovviamente anche tributario, e del quale, indiscutibilmente l'azione cautelare costituisce una sicura espressione. Sussisterebbe inoltre violazione dell'art. 3 della Costituzione laddove emergerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento del contribuente in relazione soltanto alla diversita' della giurisdizione qualora si tratti di processi, aventi ad oggetto imposte e tasse, e quindi riconducibili alla comune matrice di cui all'art. 53 Cost., i quali non siano pero' devoluti alla cognizione del giudice tributario, ma attribuiti a quella del giudice ordinario ex art. 9 c.p.c. si' da ingenerare una palese violazione del principio di uguaglianza in quanto l'azione cautelare in un caso (giudice ordinario) sarebbe sempre ammessa ex artt. 283 e 373 c.p.c. e sempre negata, in linea di principio, nel processo tributario, o perlomeno nella fase del secondo grado di giudizio. Il sospetto di incostituzionalita' degli artt. 47 e 49 del d.lgs. n. 546/1992 appare quindi fondato. Visti gli artt. 134 Cost. e 23, terzo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, la Commissione tributaria regionale di Perugia.